L’eterno e bellissimo istante di Giovanni Gastel
Nello studio di Giovanni Gastel, maestro di fotografia. Tra passato e futuro ecco cosa ci ha svelato di se stesso
Entrare nello studio di Giovanni Gastel, fotografo e poeta, mentre dalle casse dello stereo Lucio Battisti grida «il mio mestiere è vivere la vita che sia tutti i giorni sconosciuta», non è stato un caso.
Il tempio di Giovanni Gastel
Un grande tavolo quadrato al centro della stanza, intorno librerie fino al soffitto, fotografie, lettere e frasi alle pareti. Potrebbe bastare trascorrere qualche minuto in questa stanza per capire già molto di Gastel. Ma eccolo che arriva. Ci sediamo e lui si scusa per il ritardo. Sguardo vivace e sorriso accogliente. Bene. Diamoci del tu.
Giovanni, che cos’è per te il benessere?
Un tentativo di raggiungere l’equilibrio psicofisico. Ma è un obiettivo molto difficile nella cultura occidentale. Noi diamo un’immensa importanza al lato intellettuale e spesso non ascoltiamo il nostro corpo. Lo yoga, per esempio, è una disciplina capace di aiutarci a ritrovare l’armonia tra corpo e mente. Siamo stati educati a non dedicare troppo tempo a noi stessi, in particolare noi uomini. Fare gli esercizi e mettersi le “cremine” non è una cosa che si addiceva a un uomo. Ma nella religione cristiana, non solo in quelle orientali, il corpo invece ha molta importanza, forse dovremmo ripartire da questo.
Credo nell’hic et hunc
Che rapporto hai con il tempo?
Credo nell’hic et hunc, qui ed ora. Io vivo a pieno il momento. Un creativo deve fare così, ma deve stare attento a non eternizzare anche i momenti di malessere! Inoltre credo che per me vivere così il tempo sia stato un modo per non sedermi sugli allori. Sono stato molto noto sin da ragazzino ma non ho mai creduto che tutto quello che ottenevo certificasse qualcosa. Per questo mi concentro nell’istante. È un modo per rimanere sempre giovane.
E il malessere? Di che cosa soffri?
Io sono “chimico”. Ho sofferto sin da giovani di crisi di panico. Sono in larga parte riequilibrato dalla chimica e non ne faccio alcun mistero. Come ho scritto in una poesia: Io sono quello che sono, sono tutte le pastiglie che ho preso, le vodke che ho bevuto, tutte le persone che ho amato, tutte le persone che ho lasciato. Io sono quello che sono. Non ho vergogna e non ho il senso del pudore.
I social? Un “bagno di umanità” per me
Lavori con le immagini, ma anche con le parole…
«Con la fotografia guadagno, con la poesia mi racconto. Sono due mondi separati. Con le immagini racconto il mondo come vorrei che fosse. Una volta uscito dalle ville meravigliose in cui ho vissuto mi sono reso conto che la vita vera era ben diversa. Mi avevano detto che avrei incontrato gentiluomini e gentildonne e di credere in valori come la patria, ma fuori dal mio mondo dorato c’erano le brigate rosse e quelle nere. Le mie poesie invece sono uno strumento di dialogo, non una “pippa” per me stesso. Non scrivo in modo roboante! Non parlo di “gatti di luce”, che per me non vogliono dire nulla (ride, ndr). Io scrivo della vita semplice e che tutti possono capire.
Che rapporto hai con i social?
Li adoro e giuro che me ne occupo personalmente. Nessuno ci crede ma è proprio così! I social per me sono l’agorà e un bagno di umanità. Con questi canali ho capito di essere amato, sia come persona sia come artista. Qualcuno mi ha fatto notare che la maggior parte dei miei fan sono donne! Ho risposto: cosa ci posso fare se sono bello! (ride, ndr).
Per te fotografare è un momento di benessere?
È un momento d’estasi. Quando devo scattare un ritratto celebro una sorta di danza in cui “intontisco” il soggetto che quando è rilassato mostra il meglio di sé. E allora scatto. E sì mi fa stare bene! Cerco di rendere quella persona più luminosa. Qualcuno ha detto che farsi fare un ritratto da me è meglio che andare a Lourdes (ride, ndr).
Del passato che cosa ti scalda il cuore?
L’eleganza. Per me non è solo una questione estetica, ma una questione morale. Vuol dire pagare le tasse, essere a disposizione di tutto e impegnarsi a fare il meglio che si può. Altrimenti come diceva mia madre è giusto che ci ghigliottinino (ride, ndr).
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